12 settembre 2008

Considerazioni e bilanci dopo la 1a tappa - Vele

Le vele per ZenZero sono state scelte seguendo innazi tutto i consigli del velaio, in seguito rispettando le limitazioni e gli obblighi posti dal regolamento di regata della Transquadra, dai regolamenti ISAF e dalle stazze IRC e monotipo Pogo 8.50.
Quest'ultima non è obbligatoria per la Transquadra, ma ne ho tenuto conto per poter partecipare alle regate di soli Pogo (quali la GascoPogo, fatta in maggio 2008 e la Atlantic Pogo prevista in agosto 2009).
Il guardaroba consiste in due giochi di vele: crociera e regata, per quanto riguarda vele di prua inferite e randa, mentre gli spi sono 4 (2 simmetrici e 2 asimmetrici) usati indifferentemente in regata o in crociera, ma per la Transquadra ne ho dovuto lasciare a casa uno, essendone ammessi solo 3.
Genova e randa da crociera in Dacron con ferzi orizzontali sono senza storia particolare, tranne una debolezza intorno agli occhielli dei grilli dei canestrelli della randa, che a mano a mano hanno dovuto essere ricuciti tutti sostituendo pure i grilli di plastica con degli elastici.

Vele utilizzate per la Transquadra

Nota: le vele non possono essere cambiate fra una tappa e l'altra della Transquadra

Randa

Forma
Secondo il regolamento di monotipia Pogo 8.50 è obbligatoria la randa triangolare e senza stecche forzate, mentre la scelta del tessuto è libera.
Sempre più si vedono rande a testa quadra (square head main sails) full batten, anche sui Pogo, ma ho preferito rinunciarvi, perché il progetto del Pogo non è nato per questo tipo di randa, e vi sono troppi difetti a mio avviso nella soluzione studiata per adattare la barca a questa forma di vela. Queste rande hanno maggior superficie, in particolare in alto, e danno senz'altro un vantaggio con poco vento, ma l'installazione di un doppio patarazzo, e la minor stabilità dell'attrezzatura con forte vento e in caso di strambata intempestiva, mi lasciano dubbiosa su questa scelta per i Pogo.

Nota: Nessun Pogo aveva un vela square head per la Transquadra.

Tessuto
Il buon vecchio Dacron è forse meno performante e più pesante rispetto ai vari tessuti esotici che vengono proposti per vele da regata, ma è sicuramente più duraturo, ciò che su una traversata atlantica (e ritorno) è fondamentale, e soprattutto si può ricucire, contrariamente ad altri tessuti.
Diverse barche hanno abbandonato la prima tappa della Transquadra per aver stacciato la randa: impossibilità di ricucire? incapacità? mancanza di motivazione o di materiale adatto? Non lo so, ma ZenZero se l'è cavata con 1 giorno perso, 12 ore di cucito e qualche danno alle mani, ma ce l'ha fatta senza aiuto esterno, per cui la scelta del Dacron è stata quella giusta.

Dettagli
Come sulla randa da crociera, gli occhielli dei canestrelli hanno cominciato a strapparsi abbastanza presto.
E' fondamentale sostituire i grilli di plastica con elastici che assorbono meglio gli sforzi, ammortizzandoli e evitando lo strappo del tessuto.
Li avevo sostituiti in parte prima della partenza, purtroppo ho seguito il consiglio del velaio che mi ha assicurato che in alto (sopra la 3° mano) non erano necessari. Invece proprio lì sono indispensabili! Come è indispensabile che gli occhielli siano cuciti e non semplicemente inseriti a pressione. (Devo imparare ad avere più fiducia nelle mie idee, e a non ascoltare troppo gli altri...)
Malgrado il punto debole degli occhielli (risolvibile con la cucitura) è preferibile una randa con i canestrelli anziché un gratile inferito: in caso di strappo se la randa è inferita ben difficilmente si può riparare senza aggiungere uno spessore che impedirebbe lo scorrimento nella canalina.
Dall'inizio avrei voluto una randa con base a bordo libero, ma ci dev'essere stato un malinteso con il velaio che me ne ha fornita una (due) inferita nel boma. Il boma libero facilita le manovre di emergenza: con uno stroppo intorno al boma si risolvono molti problemi, e in ogni caso la randa si regola meglio.
L'avaria subita alla randa mi ha costretta a tagliare la base della randa per poterla disarmare, mio malgrado mi sono ritrovata ad avere la randa che avevo sempre sognato ;-)
Ora ho chiesto al velaio di Funchal di riparare la randa lasciando la base non inferita: in fondo non tutti i mali vengono per nuocere!

Genova

La scelta di un Genova avvolgibile è stata dettata dal programma di navigazione in solitario. Non me ne sono mai pentita! Ma non navigo mai con il Genova arrotolato, per il cattivo rendimento della vela e per non rovinarla; preferisco ridurre la randa e, quando necessario (oltre i 25 nodi), passare direttamente al fiocco.
Tutto sommato credo che la scelta del Genova non sia stata delle migliori, molte altre barche partecipanti alla Transquadra hanno un Solent, più piccolo, quindi con un rating migliore, più performante di bolina con vento sostenuto, e, poiché il Genova con vento portante non si usa (molto), più adatto al programma, che non prevede molte vie di mezzo fra bolina e gran lasco.

Fiocco e tormentina

Ambedue sono obbligatori per regolamento ISAF, con superficie massima imposta.
Il fiocco, armato sullo stralletto quale trinchetta, è sufficientemente grande per assicurare una bolina accettabile oltre i 25 nodi.
La tormentina non l'ho, per ora, mai utilizzata.

Spi

Purtroppo per rispettare il bando di regata ho dovuto lasciare a casa uno spi, ed ho rinuciato al gennaker leggero (quello giallo-grigio nella foto a lato), considerando che, soprattutto nella seconda tappa, dovremmo avere molto più frequentemente vento di gran lasco - poppa che non di traverso-lasco, per cui lo spi simmetrico sarà più adatto ( da 100° a 180° di vento apparente) che non l'assimetrico (da 80° a 120°), e che fra i due gennaker a disposizione quello piccolo, che ho scelto, è più maneggevole, e maggiormente utilizzabile con vento fino a 30 nodi.
La scelta, per quanto riguarda la prima tappa, non è stata delle migliori, infatti quando il bordo avrebbe permesso l'uso del gennaker c'è sempre stato pochissimo vento.....

Il gennaker richiede l'uso del bompresso, attrezzatura che penalizza molto il coefficiente di stazza IRC. Poiché avevo deciso di mantenere il bompresso e pagare in coefficiente IRC, avrei fatto meglio a sfruttarlo maggiormente con un gennaker più grande, pur se probabilmente non avrebbe influito granché sul risultato, ma sicuramente avrei sofferto meno nelle piatte.

Calza
L'uso della calza su una barca piccola non è molto diffuso. Innanzi tutto perché non è indispensabile, neppure in solitario, in seguito perché vi sono effettivi problemi in strambata, infine perché normalmente si manovra la calza da una posizione davanti all'albero, sbilanciando inopportunamente la barca. Il trucco per aprire o chiudere la calza dalla mia posizione di manovra (sulla scaletta per evitare un assetto sconveniente della barca, ed essere a portata di winch, stopper e quant'altro) sta nel rinviare la cimetta del va e vieni della calza dalle lande delle sartie al pozzetto con una pastecca.
In quanto alla strambata, ho deciso, per sicurezza, di non farla al largo in solitario, se non in condizioni particolarmente leggere: preferisco ammainare e rialzare lo spi, cambiando anche la drizza, e, con la calza la manovra dura davvero pochissimi minuti.
Ne approfitto così per controllare lo stato di drizza, bracci e penna: su una traversata atlantica non si eseguono virate di poppa ogni quarto d'ora... ma ad un ritmo che ben si concilia con la necessità dei controlli dell'usura delle attrezzature.
Ho deciso di dotare i due spi simmetrici di una calza, un po' a malincuore perché poco elegante (pur se le ha inventate Tabarly...), ma abbastanza convinta per la semplicità e velocità di manovra ed il ridotto rischio di caramelle o spi in acqua in fase di ammainata, e soprattutto in previsione della seconda tappa.
Infatti dovremo attraversare zone di groppi, a volte violenti, in cui il vento aumenta repentinamente, per poi calare pochi minuti dopo non appena il groppo è passato; giorni interi in cui si deve essere pronti ad ammainare immediatamente lo spi, per rialzarlo quasi subito. Immagino che il primo giorno, presi dall'entusiasmo, si ammaina e rialza lo spi anche 20 volte di seguito, il secondo giorno si comincia ad avere un po' di crampi e si riduce il ritmo, il terzo giorno si mette il Genova tangonato e si va sotto a dormire... con la calza posso sperare di essere maggiormente motivata a manovrare lo spi anche per più giorni di seguito....
Una calza l'avevo presa in Francia del mio velaio, e si è rivelata inadeguata: la cimetta del circuito, oltre ad essere troppo corta per manovrare la calza dalla mia posizione sulla scaletta, si aggroviglia formando volte che ne impediscono lo scorrimento. Ho eliminato la calza al primo tentativo (le prove prima della partenza erano andate bene ma c'era nettamente meno vento).
L'altra l'ho ordinata negli USA (ATN), ed è meravigliosamente efficace. La cimetta è morbida e lunga a sufficienza per armarla come desidero. Per la seconda tappa ho ordinato al velaio di Funchal di sostituire la cimetta della calza francese prendendo esempio da quella americana, dovrebbero risolversi i problemi.









Nota1: la stazza Pogo 8.50 per le regate in monotipo richiede di scegliere fra spi simmetrici e spi asimmetrici, per un massimo di 3.
Nota 2: alcuni Pogo hanno tagliato il bompresso a lunghezza pari a quella del tangone (conta la sporgenza dal dritto di prua) per non essere penalizzati in coefficiente IRC.
Nota 3: diversi partecipanti alla Transquadra, pur se non la maggioranza, hanno calze per gli spi, anche equipaggi in doppio.

 

13 aprile 2009

Considerazioni e bilanci dopo la 2a tappa - Vele

Un paio di mesi prima della partenza della Transquadra, abbiamo dovuto scegliere le vele che avremmo preso per le due tappe, in particolare gli spi (simmetrici e asimmetrici, ammessi fino ad un massimo di 3) per il calcolo del coefficiente IRC. Avevo optato per uno spi simmetrico leggero (72 mq - 45 g), uno spi pesante (63 mq - 65g) e uno spi asimmetrico pesante (63 mq - 65 g), oltre alla randa triangolare non steccata, al Genova avvolgibile e alla trinchetta (fiocco da cattivo tempo ingarrocciato sullo stralletto).

 

Ho usato molto il Genova, poiché di notte, perlomeno all’inizio, non navigavo sotto spi. Sulla prima tappa l’avevo considerato eccessivo, e avrei preferito un solent, mentre in traversata il Genova ha sicuramente contribuito in modo eccellente a mantenere una velocità non troppo inferiore a quella di uno spi.

Dovessi ripetere l’esperienza tralascerei lo spi asimmetrico, che avrei usato poco, non solo perché l’ho perso dopo 2 giorni dopo Madeira, ma perché le condizioni di vento erano più adatte allo spi simmetrico, a favore di un ulteriore spi pesante o intermedio, mentre per la scelta della vela di prua inferita sarei in dubbio. Confidando nella mia maggior esperienza con lo spi che armerei di notte con più tranquillità, probabilmente opterei ora per un solent più adatto alle condizioni meteo prevedibili nel golfo di Biscaglia, aggiungendo un Code5 che non rientra nella categoria degli spi se rispetta certe dimensioni massime.

Sulla randa non ho molto da aggiungere: le protezioni sistemate nei punti critici hanno lavorato bene: infatti si sono consumate le pezze! Ribadisco il vantaggio dei canestrelli rispetto ad una ralinga inferita, per il miglior scorrimento durante la riduzione, e per la maggior semplicità di riparazione in caso di strappo (che peraltro su questa tappa non si è ripetuto). Inoltre la scelta di una randa triangolare, rispetto ad una “Square Head” facilita la vita del solitario, che in strambata ha già parecchio da fare senza dove pensare alle volanti.

Fiocco e tormentina sono rimasti intonsi nel loro sacco, ma è da sottolineare che Zinzolin (Pogo 8.50) li ha utilizzati con il suo armo di fortuna dopo il disalberamento: tutto torna utile prima o poi!

 

Protezioni contro l’usura

In una traversata di oltre 3'000 miglia, in particolare con vento portante, l’usura di vele e manovre correnti è notevole.
Per proteggere le vele, che dovranno servire almeno ancora per il rientro, ho rivestito le crocette e le draglie nella zona interessata con un tubo in PET tagliato per il lungo fissato con kilometri di Gray Tape, oltre ad aver incollato pezze sulle vele nei punti cruciali.
Per le manovre correnti, ho invece rinunciato a guaine e altre protezioni della cui tenuta diffido. Prima di partire ho girato le borose, le drizze e le scotte, e durante la navigazione ho accorciato le manovre che a mano a mano si consumavano, (soprattutto una drizza di spi e i barber). Le altre cime non hanno dato nessun problema. Tuttavia, per salvaguardare meglio i bracci di spi ho curato di usare sempre la stessa varea del tangone per il passaggio del braccio (il tangone è simmetrico). Infatti la varea dal lato campana (che è un anello) si rovina con l'uso, creando asperità proprio nella gola di passaggio del braccio.

 

Gli indispensabili (per la navigazione in solitario)

Freno di boma:
impedisce le strambate involontarie dovute all’onda e alle risposte tardive del pilota nei salti di vento, permette di cambiare mura senza dover seguire con la scotta di randa e evita la rottura del boma che una ritenuta fissa potrebbe causare.

Calza di spi:
se non l’avessi avuta credo che nelle giornate di groppi avrei rinunciato più volte a rimettere lo spi, spesso per soli 10 minuti prima del successivo rinforzo di vento. Con la calza è un gioco da ragazzi, ci si può concedere di chiudere la calza all’ultimo momento, quando è certo che il groppo sta raggiungendo la barca, si risparmiano tempo ed energia per la piegatura della vela e si riduce il rischio di caramelle in alzata o ammainata.

Genova belga:
Il cosiddetto (dai francesi) Genova belga è una rete di fettuccia o cimetta a forma e dimensione di un fiocco armato in testa d’albero, che si alza in concomitanza con lo spi, al posto del Genova. Serve ad evitare che lo spi si avvolga intorno allo strallo (caramella) a seguito del rollio dovuto alle onde o durante lo sgonfiamento dello spi per un'andatura temporaneamente non corrispondente alla regolazione. E’ un’attrezzatura molto gettonata fra i partecipanti della Transquadra, anche fra gli equipaggi in doppio. Una caramella può essere un avvenimento con conseguenze molto gravi, specialmente quando si è a centinaia di miglia da un ridosso nel quale poter fermarsi, dare fondo e salire sull’albero in tutta tranquillità per districare il tutto.
Durante questa regata abbiamo purtroppo avuto la conferma, se ce ne fosse stato bisogno, che una caramella può portare a conseguenze tragiche: la scomparsa di Jean Marc, caduto dall’albero dopo esservi salito probabilmente a seguito di una caramella (non lo sapremo mai con certezza, ma la situazione trovata dall’equipaggio di Avel a bordo di Xenon sembra avvalorare questa ipotesi) ne è l’esempio estremo. Meno tragico l’abbandono di Laurent fermatosi alle Canarie proprio per evitare di salire sull’albero in navigazione, sempre a seguito di una caramella.
Il Genova belga, quindi, è indispensabile, perlomeno per chi mette lo spi sempre e in ogni condizione.
Non ne avevo a bordo, è del resto uno dei motivi per cui ho rinunciato spesso allo spi. Ma la prossima volta non mancherà di certo!





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